venerdì 24 giugno 2005

Oriana Fallaci processa il processo di Bergamo.

New York. “Questo processo non è contro di me” dice Oriana Fallaci. “Non è neanche il processo di un giudice in cerca di pubblicità, di un signore che esce dal suo minuscolo cosmo di provincia e finalmente vede il suo nome pubblicato sui giornali. E’ un processo che mira a creare un Caso, il Caso Fallaci. Cioè un processo che mira a condannare una persona nota per poterne condannare altre. Io sarò condannata. E in certo senso, paradossalmente, sarà un bene. Una cosa che gioverà a chiarire le cose, a dimostrare che stiamo perdendo la libertà. Perché la mia condanna non si limiterà a soddisfare la vanità di certi magistrati, ossia i magistrati che incapaci di separare la Legge dalle loro scelte ideologiche o partitiche vorrebbero sostituirsi al potere politico. Ed aprirà un varco che a cuor leggero consentirà di condannare per reato d’opinione coloro che, contrariamente ai magistrati, hanno il diritto e il dovere di prendere pubblica posizione. Giornalisti, scrittori, intellettuali, cittadini che rifiutano il Politically Correct e osano andare controcorrente. Sa, non è la prima volta che vengo usata per aprire un varco: servire da esempio, accendere la miccia. Successe anche quando denunciai la verità sull’assassinio di Pasolini. Per non rivelare i nomi, non mettere a rischio la vita dei testimoni, mi appellai all’articolo Numero Uno dello Statuto dei Giornalisti. L’articolo che vieta di fornire le fonti di informazione quando a fornirle si rischia di rovinare qualcuno o addirittura di condurlo al cimitero. Eppure mi condannarono lo stesso. E nei giorni seguenti altri giornalisti vennero incriminati per lo stesso motivo. Uno, addirittura sbattuto in prigione”.
Nello studio newyorchese di Oriana Fallaci il telefono, un telefono bizzarramente rosso vermiglio, squilla tutto il pomeriggio. Il segretario la chiama dal suo ufficio della 57esima strada per informarla che la Associated Press e la Reuters e la Cbc canadese vorrebbero un suo commento sul processo di Bergamo. Martedì pomeriggio, dopo la querela di un cittadino musulmano noto alle cronache per aver vilipeso la religione cristiana e aver minacciato la Fallaci con un libretto che chiede ai musulmani di applicare su di lei il castigo di Allah, il giudice Armando Grasso l’ha rinviata a giudizio per vilipendio alla religione islamica. La notizia del rinvio a giudizio ha fatto il giro del mondo. E il telefono rosso vermiglio non tace un momento. Giornali e agenzie di stampa la cercano. Il New York Times ne ha già scritto, così come il Washington Post. Il Wall Street Journal insiste per intervistarla. Su Internet trovi siti che esprimono sdegno per il reato-d’opinione e vogliono organizzarsi per darle una mano.
Oriana Fallaci non lo sa. Non vuole neanche sapere che cosa sta succedendo al di fuori della sua casa traboccante di libri. Non vuole neanche sentir parlare di avvocati e leggi e querele. La notizia di Bergamo è arrivata mentre aspettava la visita del suo oncologo, e vi ha reagito con una amara risata.
Il telefono squilla di nuovo. Stavolta il segretario le fa sapere che attraverso un’amica s’è fatto vivo il grande giurista Alan Dershowitz, insegnante di Legge ad Harvard, che si offre anche come suo difensore. Inoltre è arrivato un e-mail dal professor Grayling della School of Philosofy dell’Università di Londra il quale la informa che insieme a un gruppo di scrittori britannici le manderà un messaggio di solidarietà e insieme alla sezione inglese del Pen e ad altri colleghi sta preparando un’azione di protesta da diffondere in Italia e nel resto dell’Europa.
La Fallaci appare irritata da tanto fracasso. Non ama parlare con la stampa, non va in televisione, non frequenta quasi nessuno, non si esibisce. Vive da sola col suo cancro, anzi con i suoi vari cancri. “Apro bocca soltanto quando lo ritengo un dovere”, brontola con la sua voce dura. “E negli ultimi tempi l’ho aperta soltanto per dire la mia sull’infame condanna a morte di Terri Schindler (ndr, Terri Schiavo), poi quando hanno scoperto che Pasolini fu ucciso da tre o quattro persone non da una e basta. (Io l’avevo scritto trent’anni fa e per questo ero stata processata, condannata a quattro mesi di galera). Sa, di solito non mi piace parlare attraverso gli altri, le interviste eccetera. Se ho qualcosa da dire, la dico scrivendo un libro, come ho fatto con La Rabbia e l’Orgoglio, La Forza della Ragione e Oriana Fallaci intervista sé stessa e L’Apocalisse: la Trilogia sull’Islam e sull’Occidente. E pazienza se, come nel caso della Trilogia, scrivere quando siamo molto malati è un vero suicidio”.

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Fonte: Jaco's.it


Frase del giorno: "Ma l'esame non era alle 10????"
In stereo: Snoop Dogg - What's my name?

1 commento:

Anonimo ha detto...

What's my name?! CAMP JIM!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!:-)