domenica 19 novembre 2006

Telegiornella 2000

Consiglio ai poveri giornalisti che ci mostrano tutte queste cose interessanti di andare a quel paese, magari lo stesso del castello in cui due individui plurimilionari, hanno consumato uno dei gesti più importanti dell'esistenza umana: il Matrimonio.

Consiglio a queste scarne persone di imparare a lavorare e di farlo in fretta poichè a molti di loro non rimane molto tempo. Tanti infatti sono piuttosto attempati e ancora non hanno imparato a fare un servizio che sia minimamente interessante, istruttivo e costruttivo.

Consiglio poi ai giornalisti di scioperare meno e bene e lavorare meglio e di più. Chi cazzo ve li rinnova i contratti se continuate a trasmettere per otto (8) giorni, pietosi servizi in cui due soggetti si sposano?
Ognuno ha qual che si merita.

Consiglio agli editori di scrivere non per forza cose sensate ma almeno in italiano. Io posso fare errori perché non faccio l'editore e non sono direttore e nemmeno redattore di un giornale. Voi non dovete e non potete.

Consiglio agli spettatori di questi servizi, di cambiare canale e voltare pagina ogni qualvolta si presentino suddette situazioni. Nulla saprà giovarvi meglio di uno zapping repentino, o di una sfogliata di pagina. Molto meglio infatti gli "sbasoffi" del Tenente Colombo e il Sudoku.

Consiglio infine agli autori di Fiction Mediatica di essere meno prevedibili. Non mi diverto più ad azzeccare gli avvenimenti. Ci vuole un tocco di freschezza, se avete bisogno contattatemi su questo blog.


Frase del giorno: "Il futuro è Google"
In stereo: De la Soul - Keepin' The Faith

domenica 5 novembre 2006

M'ama non M'ama

Cosa significa innamorarsi di una città?

E' una sensazione che non ho ancora ben chiara. Spesso sento dire e/o vedo scritto, amo "nome città", odio "nome città"...ma concretamente cosa vuol dire tutto ciò?? Io amo le persone, o meglio voglio a loro del bene ma non sono sicuro di potermi permettere di dire o scrivere "Amo Pesaro".
Come si fa ad amare una città?? Non sono convinto del fatto che sia sufficiente pagare il biglietto dell'autobus, fare la raccolta differenziata, non scrivere sui muri, parcheggiare negli appositi spazi...Questo è semplice senso civico. Siete sicuri che quello che definite amore non è altro che "sentimento morale"?
E' davvero possibile poi che questo sentimento sia provato per dei luoghi?? Secondo il mio punto di vista, quello che molti credono sia "Amore" è in realtà una specie di affetto, una sorta di attaccamento spontaneo, un tipo di gelosia inconscia scaturito da molteplici circostanze: Nascerci, Crescerci, Viverci, ecc. Ecco, Vivere una città lo concepisco, ma amarla, ancora, proprio no. Avrebbe più senso dire o scrivere "Vivo Pesaro" perché dire "Amo Pesaro" significherebbe, come minimo, (ma aspetto una smentita) amare luoghi (palazzi, parchi, ...) e persone (pesaresi a Pesaro, non pesaresi a Pesaro, pesaresi fuori Pesaro, ...). Amare solo una delle due parti mi sembra impossibile, poiché, verrebbe a cadere la valenza del termine "Città". Una città senza luoghi non è una città, idem una città senza persone.

Fermo restando quanto appena detto resta inspiegabile il concetto di "Amore". Nessuno o quasi è in grado di spiegare questa parola, nessuno o quasi è in grado di metterla in pratica verso le persone, figuriamoci applicarla ad un luogo.
In un luogo posso stare bene e/o male a seconda degli eventi e delle circostanze. Questo alternarsi di sensazioni (stare bene o stare male) è sì riconducibile al luogo ma non significa che io ami quel luogo.
Forse amare una città significa accettarla nel bene e nel male, lottare, sacrificarsi, essere disponibili, rischiare, condividere, e torno a dire Vivere, ma anche morire (si muore per amore giusto??) per la sua gente, i suoi spazi, i suoi luoghi.
Forse chi è disposto a fare tutto questo può anche avere il privilegio di dirlo o scriverlo, altrimenti farebbe bene a starsene zitto.

Forse amare una città significa avere e concedere libertà. Per quanto sia scontata, la libertà è tutt’oggi una condizione altamente a rischio e oserei dire miracolosa. Se è vero che la libertà di un individuo finisce dove comincia quella dell’altro è altrettanto vero che l’essere “liberi” assume un significato vitale. Non si vive se non si è liberi. Si sopravvive.
Negli anni passati Pesaro è stata toccata da segni che recitavano “LASCIA VIVERE”. Non ho mai saputo chi volesse dire cosa, ma oggi leggo e trovo molto più cariche di significato quelle parole, di tanti scritti, scritte, slogan e propagande varie in giro per la città, i blogs, i forum, …

La Vita è il segreto di tutto. Le cose si amano se vivono, se trasmettono energia, emozioni, sensazioni. Amare dunque una città può voler dire entrare in sintonia e in sinergia con essa, immergersi nei suoi problemi, nelle sue opere, nelle sue gioie e nei suoi dolori e agire concretamente per portarla più in alto possibile. Fare di tutto perché il peggio si trasformi in meglio, il negativo in positivo, il regresso in progresso, …

Forse amare la città è tutto questo o forse è tutt’altro. Sta di fatto che ho scritto tanti forse, forse tanti quanti gli “Amo Pesaro” che sento e leggo. Orsù dunque Viviamo Pesaro ma non riduciamoci a boccheggiare come pesci d’allevamento per...nulla.


Frase del giorno: “E’ rosso. No veramente è grosso.”
In stereo: Nas – Silent Murder

mercoledì 1 novembre 2006

..::L@ Lingu4 §p£rdut4::..

Giusto l'altro giorno, stavo parlando con mia madre del mutamento della lingua, ed in particolare di quello della lingua italiana. Si parlava del cambiamento di certi vocaboli o meglio dell'adozione e della unificazione di specifici termini, utilizzati ad esempio nel mondo del web, della computer-grafica, della tecnologia, dello sport, con altri termini di origine italiana. Oggi ho trovato questo articolo nel feed RSS sulla sinistra del mio blog.
Vocaboli come chattare (si legge ciattàre), uploadare/downloadare (applodàre/daunlodàre), settare, formattare, zippare, ... ma anche rasterizzare, masterizzare, skinnare (non è un termine nazista ma una tecnica di computer-grafica; skin = pelle), meshare, freezeare (si legge frizzàre, cioè ghiacciare), snappare (sneppàre), ... e ancora skateare (skeitàre), surfare (serfàre), stoppare, dribblare sono diventati ormai di uso comune e, spesso e volentieri, non abbiamo più la voglia o la necessità di utilizzare le dèsuete espressioni alternative.

Sempre più raramente sentiremo dire "Ho trasformato questa immagine vettoriale in immagine con pixel.", perché basterà dire "L'ho rasterizzata", oppure "Fare una copia di un DVD", sarà "Masterizzare un DVD". "Buon fine settimana" lascierà il posto a "Buon Week (end è facoltativo)!", così anche "La sacca piena di gas che si gonfia negli incidenti stradali", sarà sostituito -anzi lo è già da molto tempo- da "Airbag".

Tutte queste espressioni sembrano voler facilitare la dinamica del parlato -e volendo anche dello scritto-, sembrano venirci incontro per sintetizzare al massimo il significato, sembrano agevolarci nelle comunicazioni che risultano sempre più bisognose di rapidità e velocità, sembrano concederci la loro sintesi per una migliore comprensione globale ed immediata.

E gli "effetti collaterali"??? Senza dubbio c'è da mettere in conto l'esclusione di quelle persone che non hanno mezzi e possibilità per adattarsi (gli anziani, i poveri, i malati di mente). Poi c'è da tener conto della nostra perdita di conoscenza della lingua. L'Italiano è una delle lingue più difficili del mondo, quindi l'acquisizione massiccia di vocaboli nuovi ma di origine non-latina fa si che la nostra radice linguistica vada a sfumarsi sempre più. Infine c'è da considerare l'effetto collaterale della sintesi vera e propria.

Questa sintesi ha una sua logica e un suo uso dedicato. L'SMS è l'esempio perfetto. La limitazione fisica ed oggettiva delle lettere da inserire per comporre un SMS (appunto Short Message Service - Servizio di Messaggi Brevi), implica uno sforzo da parte del fruitore del servizio, dedicato alla sintesi più assoluta. Questo procedimento consiste nell'applicazione di neologismi del tutto inventati ma contestualizzati "ad hoc".

Il primo esempio è l'acronimo SMS. Oltre alla sintesi dei termini inglesi c'è la sintesi acronomica delle lettere iniziali. Una sorta di sintesi nella sintesi. Tutti (o quasi) sanno il senso di SMS, un po' meno il significato, e tutti usano ormai la comodità acronomica di questo vocabolo. Il secondo esempio è la faccina (smile) dell'SMS. Anche qui l'uso della sintesi viene in nostro aiuto attribuendo un meta-senso (senso che sta al di sopra) con solo due caratteri: nella maggiorparte dei casi i due punti e una parentesi----> :) = "sorriso" :( = "tristezza".
Questa semantica è estremamente interessante ed al contempo "pericolosa", poiché è vero che fornisce un risparmio in termini di spazio virtuale nella memoria del cellulare e quindi, minore "peso" e maggiore velocità di trasmissione dell'SMS e concede maggiore spazio per ulteriori vocaboli, ma è anche vero che imprime una specie di dipendenza decontestualizzata.
Lo smile non viene più usato solo negli SMS dove c'è una pesante limitazione di "spazio", dove per spazio si intende il vincolo del costo dell'SMS, ma ad esempio anche nella posta elettronica (e-mail; electronic-mail), dove ormai non ci sono più problemi di spazio (poiché è gratuita) se non nell'accezione vera e propria del termine. L'utilizzo quindi dello smile denota una sorta di pigrizia. Nessuno ha più voglia di scrivere quelle due, tre parole in più per far capire il significato del discorso ma accolla al ricevente l'onere di interpretare il messaggio e decodificarlo. La faccina è un aiuto a decodificare meglio il messaggio ma è un aiuto frivolo, di cui posso fare anche a meno.
Alla sintesi si aggiunge anche la rapidità dell'SMS. L'applicazione del "T9" permette di risparmiare tempo ulteriore nella creazione. Credo che l'inventore si sia ispirato più volte al detto "Il tempo è denaro".

Tutto ruota attorno al fattore tempo-denaro. Non si ha tempo per aggiungere una riga di commento in più ed ecco spuntare la faccina. Non si hanno soldi nel cellulare ed ecco spuntare faccine ( :D, =], :p ), numeri funzionali( treno---> 3no, informare---> in4mare, fusione---> fusi1, settimana---> 7mana ), numeri criptici ( saletta---> 5413774 ), simboli alfanumerici decorativi (saletta---> $al£tta, catetere---> ©@t£t&®E) acronimi impronunciabili ( ti voglio bene---> tvb, leggi il simpatico manuale---> rtfm ), abbreviazioni (ora---> h, però---> xò, per ora---> x h, comunque---> cmq, I love you---> I lov u ) ...

Da tutto ciò si deduce che nel lungo periodo, l'uso di questi termini favorirà l'atrofizzarsi della specificità della lingua, italiano incluso, a fronte di una maggiore uniformità.
E' un bene?? Certamente no. E' un male?? Non lo so.


Frase del giorno: "Fila è magro."
In stereo: Jamiroquai - Planet Home