mercoledì 23 novembre 2005

Burocratese pt.1

Apro internet e su msn home page noto il titolo "Le dimissioni del lavoratore". Interesante, visto che mio padre è in pieno periodo di Pensionamento (in realtà è già pensionato ma per contratto deve rispettare i vincoli del "timbro del cartellino" e "dell'assenza di incarichi") e io vista l'aria che tira, molto probabilmente non avrò neanche una pensione, oppure per averla dovrò lavorare fino a 80 anni per poi darla a chi non si sa...BOH?!?

Questo è l'articolo:

"Le dimissioni del lavoratore
Il rapporto di lavoro rientra nella più ampia categoria dei contratti ad esecuzione continuata nel tempo.
Per tale tipologia di contratti è generalmente previsto il diritto di ciascuna parte di recedere liberamente dal vincolo contrattuale
(secondo le modalità e le forme previste dalla legge), non essendo ammissibile per il nostro ordinamento l’assunzione di vincoli personali obbligatori perpetui.
Per quanto riguarda la facoltà di recesso attribuita al dipendente (dimissioni), questa si atteggia in modo diverso a seconda che il contratto di lavoro sia a tempo
determinato ovvero indeterminato." Ovviamente esistono anche casi particolari.

Nulla di strano direte voi, ma se avete tempo, voglia e un vocabolario sotto mano per leggere gli articoli da me linkati vi accorgerete che quello che sta scritto qui sopra non è poi così semplice. Tenterò quindi per tutti colori che come me non hanno tempo e voglia (il vocabolario dovreste averlo tutti invece!) di semplificare e sintetizzare il più possibile l'ingarbugliato e implicito linguaggio giuridico meglio noto come BUROCRATESE (NB: questo termine è stato inventato dal mitico professore di Comunicazione Pubblica dell'omonimo corso della facoltà di Sociologia della Comunicazione Pubblicitaria, Alessandro Rovinetti).

Dimissioni del contratto di lavoro a tempo indeterminato

"L’art. 2118 cod. civ., nel disciplinare il contratto di lavoro a tempo indeterminato, riconosce ad ognuna delle parti la libera facoltà di recesso, fatto salvo il rispetto di un termine di preavviso."

L'articolo 2118 del Codice Civile prevede sia al datore di lavoro che al dipendente la libertà di recedere dal contratto di lavoro, purchè ci sia un preavviso in tempi ragionevoli.

"Peraltro, con una serie di interventi normativi, il legislatore, per tutelare maggiormente il prestatore di lavoro, parte debole del rapporto contrattuale, ha limitato la libertà di recesso del datore di lavoro che trova oggi applicazione in ipotesi meramente residuali (personale domestico, dirigenti, lavoratori in prova, lavoratori ultrasessantenni che abbiano maturato il diritto a pensione, atleti professionisti, ecc.).

L’ambito di applicazione dell’art. 2118 cod. civ. è rimasto invece immutato per quel che riguarda le dimissioni rassegnate dal dipendente
."

Essendo il lavoratore la parte più svantaggiata, la legge è intervenuta, limitando la libertà di recesso del datore di lavoro nei casi di personale domestico, dirigenti, lavoratori in prova, lavoratori ultrasessantenni che abbiano maturato il diritto a pensione, atleti professionisti, ecc. Nulla cambia invece per le dimissioni rassegnate dal dipendente.

"Il lavoratore assunto a tempo indeterminato può liberamente recedere dal vincolo contrattuale rassegnando le proprie dimissioni nel rispetto dei termini di preavviso contrattualmente previsti. Dall’obbligo del preavviso il lavoratore è peraltro dispensato, qualora le dimissioni siano rassegnate per giusta causa (sulla nozione di giusta causa vedi l'articolo "Giusta causa" e art. 2119 cod. civ.)."

Il lavoratore dipendente è obbligato a preavvisare il datore di lavoro riguardo le sue dimissioni salvo i casi in cui si verifichi la Giusta Causa.

"Il lavoratore che rassegni le dimissioni senza dare il preavviso nei termini e nei modi stabiliti è tenuto a corrispondere al datore di lavoro un’indennità equivalente all’importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso (indennità sostitutiva del preavviso). Tuttavia, se le dimissioni sono state rassegnate con effetto immediato per giusta causa, l’indennità predetta deve essere corrisposta dal datore di lavoro al dipendente dimissionario."

Il dipendente che non da preavviso è tenuto a versare un'indennità pari all’importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso. Se le dimissioni sono state rassegnate con effetto immediato per giusta causa il datore di lavoro dovrà risarcire il dipendente.

"Peraltro, il lavoratore dimissionario per giusta causa, mentre secondo alcune e prevalenti pronunzie non può ottenere altro che l’indennità sostitutiva del preavviso a compenso del pregiudizio patito per la risoluzione del rapporto (Cass. 7 novembre 2001, n. 13782), secondo altre ( Cass. 2 febbraio 1998, n. 1021) potrà giovarsi delle norme generali sul risarcimento del danno in quanto, se è vero che le dimissioni per giusta causa non sono equiparabili al licenziamento, è altrettanto vero che le stesse sono pur sempre espressione di una volontà non completamente libera seppure non coartata (in questo senso, essendo l’effetto risolutivo riconducibile ad un concorso di cause di cui il comportamento del datore di lavoro costituisce causa remota e quello del lavoratore causa immediata, il danno va risarcito in proporzione all’incidenza del comportamento del primo sulla sua produzione)."

Sull'indennità di giusta causa ci sono due dottrine: la prima prevede al dimissionario solo l'indennità sostitutiva, la seconda anche la possibilità di giovarsi delle norma generali sul risarcimento dal danno in quanto la giusta causa non è un licenziamento ma denota una volontà non completamente libera.Il risarcimento è versato al dipendente in proporzione del comportamento del datore di lavoro sulla sua produzione.

"Le dimissioni costituiscono un diritto potestativo del dipendente e si configurano quale atto unilaterale recettizio.

Ne consegue che esse producono effetto non appena siano pervenute a conoscenza del datore di lavoro, indipendentemente dall’accettazione di quest’ultimo (Cass. 22 dicembre 2003, n. 19623). Inoltre, in quanto atto unilaterale recettizio, le dimissioni, una volta comunicate, sono irrevocabili, potendo le stesse essere poste nel nulla solamente con il consenso del datore di lavoro, ovvero nel caso in cui la loro revoca pervenga al datore di lavoro prima delle dimissioni medesime (Cass. 29 agosto 2003, n. 12677).
"

Le dimissioni producono effetto non apppena il datore di lavoro ne viene a conoscenza e indipendentemente dalla sua accettazione. Le dimissioni sono irrevocabili salvo i casi previsti dalla legge e salvo il caso in cui la revoca (cioè il ritiro delle dimissioni) pervenga al datore di lavoro prima delle dimissioni medesime.

"Le dimissioni, infine, in quanto atto unilaterale avente contenuto patrimoniale, sono soggette alle norme ordinarie in materia di contratti (art. 1324, cod. civ.), ivi comprese, in particolare, quelle in tema di annullabilità per vizi del consenso."

Questo può andare anche così...A breve la seconda parte! Stay tuned :)


Frase del giorno: "Eh,insomma!"
In stereo: ottohm - Domani

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Esoso che sei!!Prima niente e poi papiri e papiri di post...=]
Bello il "burocratese".
Chiaro,limpido e di facile comprensione.Sai dove lo insegnano?No perchè,visto l'andazzo vorrei impararlo al più presto per non
restare in***ata in futuro.
E' un mondo difficile e il sociale è sempre più brutto,sporco,cattivo e freddo.=(
Eh...insomma.

Frequenze Medie ha detto...

Si sono proprio esoso AHAHAHAHAH! Per il burocratese ti consiglio qualunque maunale di diritto o più semplicemente il Codice Civile. Oppure se ti va puoi sempre iscriverti alla facoltà di giurisprudenza...:)

Una certa Absinth diceva SickSadWorld ;)

Sabri ha detto...

Ma la Cri..che ha parlato con uno in piscina..ha detto che hai un colloquio alla fine del mese!!!!!

Anonimo ha detto...

leggere l'intero blog, pretty good